Agricoltura naturale

Autoproduzioni e sovranità alimentare

Attraverso un attento recupero delle potenzialità agronomiche del terreno della piccola fattoria che da anni era stato dismesso, a partire dal 2005 fu avviato in chiave agro-ecologica un processo di riconversione di un antico fondo rustico recuperato negli anni la fertilità e finalmente ora riqualificato in nuovo giardino alimentare.

Qui il confine tra il selvatico e il coltivato è sfumato ed è finalizzato all’auto-sostentamento di chi ci abita e di chi viene a trovarci per condividere a tavola le nostre produzioni e le eccedenze stagionali, tra cui soprattutto mandorle e fichi secchi.

In home restaurant cuciniamo quasi sempre coi nostri prodotti di stagione. Inutile dire che cerchiamo di trasformare il più possibile tutte le eccedenze del fresco.

Orticoltura e frutticultura sinergica e bio-intensiva

Pratichiamo orticoltura e frutticultura sinergica e bio-intensiva con semi e razze antiche e a rischio di estinzione. Siamo tra i Coltivatori Custodi della Regione Campania e ci prendiamo cura in particolare dei pomodorini rosa di Santa Marina, dei pomodorini ‘vernini’ gialli del piennolo cilentano, dei pomodori di vigna ‘quattroscocche’ e ‘cinquescocche, del pomodoro da insalata di Torraca, della ‘melanzana rossa’, e poi legumi antichi come il ‘fagiolo del Farneto’ e del fagiolo ‘zampognaro’, i peperoni ‘cruschi’ e poi di piante da frutta quasi tutte autoctone e recuperate da antiche varietà locali, secondo principi di agricoltura tradizionale e senza alcun uso di sostanze di sintesi. Abbiamo un mandorleto con cui produciamo mandorle, latte vegetale e dolci. Collaboriamo anche alla produzione anche di alcuni grani antichi dell’Appennino meridionale.

Inoltre alleviamo un piccolo numero di famiglie di api in maniera completamente naturale producendo una piccolissima ma altrettanto preziosa quantità di miele.

Insieme al nostro pollaio di anatre e galline e aiutati dallo stallatico delle capre, proviamo a gestire un vero e proprio piccolo giardino alimentare diversificato che soddisfa piccole esigenze alimentari ma integrandosi anche esteticamente nell’ambiente circostante, contribuendo a fare manutenzione del paesaggio rurale e del futuro.

La vigna, l'orto e lo spontaneo alimentare e curativo

A protezione dell’orto e dei limiti delle terrazze trova posto una piccola vigna-madre diffusa che oltre a darci un po’ di buon vino contadino ci consente soprattutto di preservare antiche varietà locali e sperimentali come il Chiapparrone, la Corniola, l’Aglianico bianco e rosso,  la Malvasia nera.

Accanto e dentro l’orto e le viti coltivate su più livelli trova spazio il regno vegetale dello spontaneo alimentare, ovvero tutte le piante comunemente dette ‘erbacce’ che crescono spontaneamente e che in gran parte oltre ad essere invece commestibili sono anche molto buone e ricche di vitamine e sali minerali che integrano e arricchiscono la nostra dieta, nonché piante curative e con spiccate proprietà in campo erboristico e fitoterapico.

Per esempio possiamo scorgere l’ortica, la borragine, le cicorie, gli asparagi, la rucola, la piantaggine, il cardo, il cardoncello, il broccolo e il pisello selvatico, la nepeta, la calendula arvensis e officinalis, il finocchietto selvatico, l’iperico (erba di San Giovanni), l’elicriso, l’origano, il corbezzolo, il mirto, la malva e tantissime altre varietà.

Gli animali da cortile

Ad integrare il piccolo equilibrio ecologico c’è la vivace presenza dei nostri animali da cortile (galline e anatre) e delle capre da latte, le vere abitanti del territorio.

Oltre alla carne, al latte e alle uova, gli animali soprattutto chiudono il ciclo della sostenibilità circolare della micro-fattoria attraverso un pascolo selettivo che stabilizza il terreno del frutteto, tiene viva l’area destinata al bosco e produce letame e che usiamo come concime per l’orto per arricchire il suolo di humus, unitamente alla cenere del camino, ricca di potassio, magnesio e calcio, garantendo così tutti i nutrienti fondamentali.

E così, senza troppa retorica, non abbiamo bisogno di nessun altro tipo di fertilizzante, rifacendoci essenzialmente alla tradizione contadina agro-pastorale di tipo tradizionale, fatta eccezione per l’importante innovazione di lavorare il più possibile su sodo, riducendo al minimo gli scassi del terreno e soprattutto carbon-free, senza macchinari agricoli a motore.

Anche il ciclo delle acque rende queste pratiche ancor più virtuose: dalle falde dei tetti recuperiamo le acque piovane che di tubi in cisterne arrivano fino a tutti gli usi agricoli.

Tutte queste scelte sono state dettate dalla precisa volontà di recuperare essenze e piante antiche e preferibilmente autoctone, attraverso scambi di semi e cura della memoria, scelte fatte all’insegna della riaffermazione di una nuova economia reale e circolare.

Tutela della biodiversità nel Parco del Cilento

È così che bellezza, produttività e tutela della biodiversità si fondono insieme in un unico equilibrio rispettoso dell’ambiente e della salute dei suoi abitanti e dei viaggiatori.

Questi sono i motivi che ci inducono a parlare di agricoltura naturale piuttosto che seguire le mode del momento cavalcate dai più con tanta retorica e protagonismo, poiché noi invece siamo convinti che la commistione tra antichi saperi troppo facilmente dimenticati (la nostra trattatistica rinascimentale ne è piena) e le nuove pratiche agronomiche rispettose dell’uomo e del territorio contribuiscono a ricreare l’equilibrio tra uomo e ambiente il cui custode è la figura del contadino sapiente. Il cambio di paradigma è anzitutto filosofico ed esistenziale e quindi produttivo.

Egli nel suo microcosmo e con la sua testimonianza suggerisce la via possibile per una nuova armonia su vasta scala, dove la custodia del patrimonio genetico antico non è retorica del ‘prodotto tipico’ che tanto va di moda oggi ma è invece  consapevolezza della ibridazione fertile come motore della biodiversità autoctona.